Differenze tra le versioni di "L'inquisizione e le minoranze religiose nel nord Italia"

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Venezia non fu solo la “porta dell’oriente”, ma anche la “porta della Riforma”. Difatti la sua particolare realtà politico-culturale facilitò l’accesso e la diffusione di dottrine religiose eterodosse provenienti d’Oltralpe, e anche il commercio di libri proibiti, come i Catechismi e il De libertate christiana di Lutero, o ancora la versione italiana dei Loci communes di Melantone, curata da Ludovico Castelvetro con il titolo I principii de la theologia. In tale contesto si ebbe a registrare anche l’arrivo di numerosi intellettuali, anche ecclesiastici, secolari e regolari, che per aver fatto proprie alcune idee dei riformatori protestanti, erano tati costretti a rifugiarsi clandestinamente a Venezia o in Terraferma. Nella città lagunare, come anche a Verona e Padova, fino al 1538-39 si raccolsero molti esuli e personalità che cercavano di trovare “una risposta adeguata alla crisi della chiesa”, studiando, riflettendo e attivando un fertile confronto per porvi rimedio23. Tra
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Venezia non fu solo la “porta dell’oriente”, ma anche la “porta della Riforma”. Difatti la sua particolare realtà politico-culturale facilitò l’accesso e la diffusione di dottrine religiose eterodosse provenienti d’Oltralpe, e anche il commercio di libri proibiti, come i Catechismi e il De libertate christiana di Lutero, o ancora la versione italiana dei Loci communes di Melantone, curata da Ludovico Castelvetro con il titolo I principii de la theologia. In tale contesto si ebbe a registrare anche l’arrivo di numerosi intellettuali, anche ecclesiastici, secolari e regolari, che per aver fatto proprie alcune idee dei riformatori protestanti, erano tati costretti a rifugiarsi clandestinamente a Venezia o in Terraferma. Nella città lagunare, come anche a Verona e Padova, fino al 1538-39 si raccolsero molti esuli e personalità che cercavano di trovare “una risposta adeguata alla crisi della chiesa”, studiando, riflettendo e attivando un fertile confronto per porvi rimedio23. Tra i tanti ricordiamo Lucio Paolo Rosello, dottore in utroque, parroco di Maron di Brugnera, giunto a Venezia nel 1548, e Cornelio Donzellino, letterato bresciano; i due strinsero amicizia e scrissero testi (il primo le Considerazioni devote intorno alla vita e Passione di Christo, Monferrato 1551; il secondo Le dotte e pie parafrasi sopra le Pistole di Paolo a’ Romani, Galati ed Ebrei, Lione 1551) in cui è evidente la loro vicinanza alla dottrina calvinista. Tradussero anche il Piccolo trattato della S. Cena di Calvino24. La presenza di questi personaggi generò fin dagli anni venti-trenta la formazione di gruppi di dissenzienti e di vere e proprie piccole comunità, “conventicole” di eterodossi, delle diverse confessioni protestanti presenti in tutta la Serenissima25. Si formò a Venezia innanzitutto il “gruppo dei bresciani”, a cui si associò proprio il Rosello. Era formato da ecclesiastici, come l’ex benedettino Vincenzo Maggi e il sacerdote Paolo da Lodi, da professionisti come i medici Girolamo Donzellino e “Zuan Battista”, ma anche da uomini vicini al mondo diplomatico e politico, come Gasparo Citolini, segretario dell’ambasciatore d’Inghilterra, e aristocratici. Il gruppo dovette sciogliersi, perché denunciato al S. Uffizio da una 23 Sono il card. Reginald Pole con il suo braccio destro Alvise Priuli, Pietro Bembo e Vittore Soranzo, il Gheri e il Beccadelli, il Cortese e il Contarini, il Flaminio, il Crispoldi, il Giberti e i suoi collaboratori, il Carafa e altri Teatini, ma anche il futuro generale degli agostiniani Girolamo Seripando e Galeazzo Florimonte; M. Firpo, Tra alumbrados e “spirituali”. Studi su Juan de Valdés e il
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valdesianesimo nella crisi religiosa del ’500, Firenze, Olschki, 1990, p. 133. 24 Cfr. A. Del Col, Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, in “Rivista di storia della chiesa in Italia”, n. 32, 1978, pp. 422-459; S. Caponetto, La Riforma protestante nell’Italia, pp. 232-237. 25 Vedi S. Seidel Menchi, “Protestantesimo a Venezia”, in La chiesa di Venezia tra Riforma Protestantee Riforma cattolica, a cura di G. Gullino, Venezia, Edizioni Studium Cattolico veneziano, 1990, pp. 131-154; F. Ambrosini, “La Riforma a Venezia, in “La gloria del Signore”. La riforma protestante nell’Italia nord-orientale, a cura di G. Hofer, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2006, pp. 17-33. 32 donna al servizio della moglie di Vincenzo Maggi. Questi fu costretto a fuggire a Coira in Svizzera, poi a Basilea, dove s’iscrisse all’università, e infine a Ginevra; così pure lasciò Venezia Girolamo Donzellino. Pochi anni dopo, a partire dal 1558, operò nella città lagunare il nunzio di Vicenza a Venezia, Alessandro Trissino, uno degli esponenti più rappresentativi del movimento calvinista di tutto il Veneto. Organizzava in casa del nobile Vincenzo Grimani incontri a cui partecipavano nobili, uomini di cultura, professionisti, ma anche artigiani; vi si discuteva non solo di problemi filosofici e scientifici, ma anche teologici e religiosi. Scoperta a Como una fitta corrispondenza tra lui e altre comunità e gruppi eterodossi di Lione, Ginevra e del Nord Italia, il Trissino fu processato, e dopo aver abiurato formalmente fu messo agli arresti in casa di suo fratello Francesco; riuscì a fuggire da Venezia nel 1563 e a riparare prima a Chiavenna e poi a Ginevra. Nella città della laguna si formarono anche altre comunità di fede calvinista, e si sostiene che a metà del ’500 vi fossero circa seimila protestanti. Non si sa se il numero sia esatto. Fatto sta che nel 1548 un gruppo d’artigiani e piccoli commercianti di S. Moisé si riuniva in una bottega per la lettura della Bibbia; mentre nel 1553 furono scoperte altre due comunità d’artigiani, a S. Barbara e a S. Pietro; altri tre gruppi nel 1557 e l’anno dopo; uno di questi era a S. Felice e contava circa 25 persone, che si adunavano con il permesso del parroco. Rilevanti erano le realtà eterodosse negli altri territori veneziani. Tra le comunità con cui era in contatto Alessandro Trissino vi era innanzitutto quella di Vicenza, da cui egli stesso proveniva26. Il movimento calvinista, già vivo negli anni trenta, quando il Trissino era studente, era formato particolarmente da nobili che tenevano riunioni in casa di Francesco e Ludovico Trissino, oppure di Bernardo da Schio. Agli incontri partecipavano anche anabattisti, con cui si discuteva particolarmente della divinità di Cristo. Il gruppo tentò seriamente di organizzare una comunità protestante e di aggregare persone umili, con la promessa di aiutarle nelle difficoltà economiche e sociali. Altri andavano a propagandare le “nuove” idee religiose nel territorio vicentino. È il caso del bresciano Giovanni Boselli, venditore ambulante per i paesi dei monti di Reccano e Valdagno, e di svariati artigiani e mercanti tedeschi; riunioni clandestine si tenevano anche nel retro della farmacia di Giandomenico Gastaldi di Monza.
  
i tanti ricordiamo Lucio Paolo Rosello, dottore in utroque, parroco di Maron di Bru-
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(da M. Cassese, ''Espulsione, assimilazione, tolleranza. Chiesa, Stati del Nord Italia e minoranze religiose ed etniche in età moderna'', Eut, pp.31-32)
 
 
gnera, giunto a Venezia nel 1548, e Cornelio Donzellino, letterato bresciano; i due
 
 
 
strinsero amicizia e scrissero testi (il primo le Considerazioni devote intorno alla vita
 
 
 
e Passione di Christo, Monferrato 1551; il secondo Le dotte e pie parafrasi sopra le Pistole
 
 
 
di Paolo a’ Romani, Galati ed Ebrei, Lione 1551) in cui è evidente la loro vicinanza alla
 
 
 
dottrina calvinista. Tradussero anche il Piccolo trattato della S. Cena di Calvino24.
 
 
 
La presenza di questi personaggi generò fin dagli anni venti-trenta la forma-
 
 
 
zione di gruppi di dissenzienti e di vere e proprie piccole comunità, “conventico-
 
 
 
le” di eterodossi, delle diverse confessioni protestanti presenti in tutta la Serenis-
 
 
 
 
 
sima25. Si formò a Venezia innanzitutto il “gruppo dei bresciani”, a cui si associò
 
 
 
 
 
proprio il Rosello. Era formato da ecclesiastici, come l’ex benedettino Vincenzo
 
 
 
 
 
Maggi e il sacerdote Paolo da Lodi, da professionisti come i medici Girolamo
 
 
 
 
 
Donzellino e “Zuan Battista”, ma anche da uomini vicini al mondo diplomatico e
 
 
 
 
 
politico, come Gasparo Citolini, segretario dell’ambasciatore d’Inghilterra, e ari-
 
 
 
 
 
stocratici. Il gruppo dovette sciogliersi, perché denunciato al S. Uffizio da una
 
 
 
 
 
23 Sono il card. Reginald Pole con il suo braccio destro Alvise Priuli, Pietro Bembo e Vittore So-
 
 
 
 
 
ranzo, il Gheri e il Beccadelli, il Cortese e il Contarini, il Flaminio, il Crispoldi, il Giberti e i suoi
 
 
 
 
 
collaboratori, il Carafa e altri Teatini, ma anche il futuro generale degli agostiniani Girolamo
 
 
 
 
 
Seripando e Galeazzo Florimonte; M. Firpo, Tra alumbrados e “spirituali”. Studi su Juan de Valdés e il
 
 
 
 
 
valdesianesimo nella crisi religiosa del ’500, Firenze, Olschki, 1990, p. 133.
 
 
 
 
 
24 Cfr. A. Del Col, Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, in “Ri-
 
 
 
 
 
vista di storia della chiesa in Italia”, n. 32, 1978, pp. 422-459; S. Caponetto, La Riforma protestante
 
 
 
 
 
nell’Italia, pp. 232-237.
 
 
 
 
 
25 Vedi S. Seidel Menchi, “Protestantesimo a Venezia”, in La chiesa di Venezia tra Riforma Protestante
 
 
 
 
 
e Riforma cattolica, a cura di G. Gullino, Venezia, Edizioni Studium Cattolico veneziano, 1990, pp.
 
 
 
 
 
131-154; F. Ambrosini, “La Riforma a Venezia, in “La gloria del Signore”. La riforma protestante nell’Ita-
 
 
 
 
 
lia nord-orientale, a cura di G. Hofer, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2006, pp. 17-33.
 
 
 
 
 
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donna al servizio della moglie di Vincenzo Maggi. Questi fu costretto a fuggire
 
 
 
 
 
a Coira in Svizzera, poi a Basilea, dove s’iscrisse all’università, e infine a Ginevra;
 
 
 
 
 
così pure lasciò Venezia Girolamo Donzellino. Pochi anni dopo, a partire dal 1558,
 
 
 
 
 
operò nella città lagunare il nunzio di Vicenza a Venezia, Alessandro Trissino, uno
 
 
 
 
 
degli esponenti più rappresentativi del movimento calvinista di tutto il Veneto.
 
 
 
 
 
Organizzava in casa del nobile Vincenzo Grimani incontri a cui partecipavano
 
 
 
 
 
nobili, uomini di cultura, professionisti, ma anche artigiani; vi si discuteva non
 
 
 
 
 
solo di problemi filosofici e scientifici, ma anche teologici e religiosi. Scoperta
 
 
 
 
 
a Como una fitta corrispondenza tra lui e altre comunità e gruppi eterodossi di
 
 
 
 
 
Lione, Ginevra e del Nord Italia, il Trissino fu processato, e dopo aver abiurato for-
 
 
 
 
 
malmente fu messo agli arresti in casa di suo fratello Francesco; riuscì a fuggire
 
 
 
 
 
da Venezia nel 1563 e a riparare prima a Chiavenna e poi a Ginevra.
 
 
 
 
 
Nella città della laguna si formarono anche altre comunità di fede calvinista, e
 
 
 
 
 
si sostiene che a metà del ’500 vi fossero circa seimila protestanti. Non si sa se il
 
 
 
 
 
numero sia esatto. Fatto sta che nel 1548 un gruppo d’artigiani e piccoli commer-
 
 
 
 
 
cianti di S. Moisé si riuniva in una bottega per la lettura della Bibbia; mentre nel
 
 
 
 
 
1553 furono scoperte altre due comunità d’artigiani, a S. Barbara e a S. Pietro; altri
 
 
 
 
 
tre gruppi nel 1557 e l’anno dopo; uno di questi era a S. Felice e contava circa 25
 
 
 
 
 
persone, che si adunavano con il permesso del parroco.
 
 
 
 
 
Rilevanti erano le realtà eterodosse negli altri territori veneziani. Tra le comu-
 
 
 
 
 
nità con cui era in contatto Alessandro Trissino vi era innanzitutto quella di Vi-
 
 
 
 
 
cenza, da cui egli stesso proveniva26. Il movimento calvinista, già vivo negli anni
 
 
 
 
 
trenta, quando il Trissino era studente, era formato particolarmente da nobili che
 
 
 
 
 
tenevano riunioni in casa di Francesco e Ludovico Trissino, oppure di Bernardo
 
 
 
 
 
da Schio. Agli incontri partecipavano anche anabattisti, con cui si discuteva par-
 
 
 
 
 
ticolarmente della divinità di Cristo. Il gruppo tentò seriamente di organizzare
 
 
 
 
 
una comunità protestante e di aggregare persone umili, con la promessa di aiu-
 
 
 
 
 
tarle nelle difficoltà economiche e sociali. Altri andavano a propagandare le “nuo-
 
 
 
 
 
ve” idee religiose nel territorio vicentino. È il caso del bresciano Giovanni Boselli,
 
 
 
 
 
venditore ambulante per i paesi dei monti di Reccano e Valdagno, e di svariati
 
 
 
 
 
artigiani e mercanti tedeschi; riunioni clandestine si tenevano anche nel retro
 
 
 
 
 
della farmacia di Giandomenico Gastaldi di Monza.
 
 
 
 
 
(da M. Cassese, Espulsione, assimilazione, tolleranza. Chiesa, Stati del Nord Italia e minoranze religiose ed etniche in età moderna, Eut, pp.31-32)
 

Versione delle 14:06, 18 feb 2021

Venezia non fu solo la “porta dell’oriente”, ma anche la “porta della Riforma”. Difatti la sua particolare realtà politico-culturale facilitò l’accesso e la diffusione di dottrine religiose eterodosse provenienti d’Oltralpe, e anche il commercio di libri proibiti, come i Catechismi e il De libertate christiana di Lutero, o ancora la versione italiana dei Loci communes di Melantone, curata da Ludovico Castelvetro con il titolo I principii de la theologia. In tale contesto si ebbe a registrare anche l’arrivo di numerosi intellettuali, anche ecclesiastici, secolari e regolari, che per aver fatto proprie alcune idee dei riformatori protestanti, erano tati costretti a rifugiarsi clandestinamente a Venezia o in Terraferma. Nella città lagunare, come anche a Verona e Padova, fino al 1538-39 si raccolsero molti esuli e personalità che cercavano di trovare “una risposta adeguata alla crisi della chiesa”, studiando, riflettendo e attivando un fertile confronto per porvi rimedio23. Tra i tanti ricordiamo Lucio Paolo Rosello, dottore in utroque, parroco di Maron di Brugnera, giunto a Venezia nel 1548, e Cornelio Donzellino, letterato bresciano; i due strinsero amicizia e scrissero testi (il primo le Considerazioni devote intorno alla vita e Passione di Christo, Monferrato 1551; il secondo Le dotte e pie parafrasi sopra le Pistole di Paolo a’ Romani, Galati ed Ebrei, Lione 1551) in cui è evidente la loro vicinanza alla dottrina calvinista. Tradussero anche il Piccolo trattato della S. Cena di Calvino24. La presenza di questi personaggi generò fin dagli anni venti-trenta la formazione di gruppi di dissenzienti e di vere e proprie piccole comunità, “conventicole” di eterodossi, delle diverse confessioni protestanti presenti in tutta la Serenissima25. Si formò a Venezia innanzitutto il “gruppo dei bresciani”, a cui si associò proprio il Rosello. Era formato da ecclesiastici, come l’ex benedettino Vincenzo Maggi e il sacerdote Paolo da Lodi, da professionisti come i medici Girolamo Donzellino e “Zuan Battista”, ma anche da uomini vicini al mondo diplomatico e politico, come Gasparo Citolini, segretario dell’ambasciatore d’Inghilterra, e aristocratici. Il gruppo dovette sciogliersi, perché denunciato al S. Uffizio da una 23 Sono il card. Reginald Pole con il suo braccio destro Alvise Priuli, Pietro Bembo e Vittore Soranzo, il Gheri e il Beccadelli, il Cortese e il Contarini, il Flaminio, il Crispoldi, il Giberti e i suoi collaboratori, il Carafa e altri Teatini, ma anche il futuro generale degli agostiniani Girolamo Seripando e Galeazzo Florimonte; M. Firpo, Tra alumbrados e “spirituali”. Studi su Juan de Valdés e il valdesianesimo nella crisi religiosa del ’500, Firenze, Olschki, 1990, p. 133. 24 Cfr. A. Del Col, Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, in “Rivista di storia della chiesa in Italia”, n. 32, 1978, pp. 422-459; S. Caponetto, La Riforma protestante nell’Italia, pp. 232-237. 25 Vedi S. Seidel Menchi, “Protestantesimo a Venezia”, in La chiesa di Venezia tra Riforma Protestantee Riforma cattolica, a cura di G. Gullino, Venezia, Edizioni Studium Cattolico veneziano, 1990, pp. 131-154; F. Ambrosini, “La Riforma a Venezia, in “La gloria del Signore”. La riforma protestante nell’Italia nord-orientale, a cura di G. Hofer, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2006, pp. 17-33. 32 donna al servizio della moglie di Vincenzo Maggi. Questi fu costretto a fuggire a Coira in Svizzera, poi a Basilea, dove s’iscrisse all’università, e infine a Ginevra; così pure lasciò Venezia Girolamo Donzellino. Pochi anni dopo, a partire dal 1558, operò nella città lagunare il nunzio di Vicenza a Venezia, Alessandro Trissino, uno degli esponenti più rappresentativi del movimento calvinista di tutto il Veneto. Organizzava in casa del nobile Vincenzo Grimani incontri a cui partecipavano nobili, uomini di cultura, professionisti, ma anche artigiani; vi si discuteva non solo di problemi filosofici e scientifici, ma anche teologici e religiosi. Scoperta a Como una fitta corrispondenza tra lui e altre comunità e gruppi eterodossi di Lione, Ginevra e del Nord Italia, il Trissino fu processato, e dopo aver abiurato formalmente fu messo agli arresti in casa di suo fratello Francesco; riuscì a fuggire da Venezia nel 1563 e a riparare prima a Chiavenna e poi a Ginevra. Nella città della laguna si formarono anche altre comunità di fede calvinista, e si sostiene che a metà del ’500 vi fossero circa seimila protestanti. Non si sa se il numero sia esatto. Fatto sta che nel 1548 un gruppo d’artigiani e piccoli commercianti di S. Moisé si riuniva in una bottega per la lettura della Bibbia; mentre nel 1553 furono scoperte altre due comunità d’artigiani, a S. Barbara e a S. Pietro; altri tre gruppi nel 1557 e l’anno dopo; uno di questi era a S. Felice e contava circa 25 persone, che si adunavano con il permesso del parroco. Rilevanti erano le realtà eterodosse negli altri territori veneziani. Tra le comunità con cui era in contatto Alessandro Trissino vi era innanzitutto quella di Vicenza, da cui egli stesso proveniva26. Il movimento calvinista, già vivo negli anni trenta, quando il Trissino era studente, era formato particolarmente da nobili che tenevano riunioni in casa di Francesco e Ludovico Trissino, oppure di Bernardo da Schio. Agli incontri partecipavano anche anabattisti, con cui si discuteva particolarmente della divinità di Cristo. Il gruppo tentò seriamente di organizzare una comunità protestante e di aggregare persone umili, con la promessa di aiutarle nelle difficoltà economiche e sociali. Altri andavano a propagandare le “nuove” idee religiose nel territorio vicentino. È il caso del bresciano Giovanni Boselli, venditore ambulante per i paesi dei monti di Reccano e Valdagno, e di svariati artigiani e mercanti tedeschi; riunioni clandestine si tenevano anche nel retro della farmacia di Giandomenico Gastaldi di Monza.

(da M. Cassese, Espulsione, assimilazione, tolleranza. Chiesa, Stati del Nord Italia e minoranze religiose ed etniche in età moderna, Eut, pp.31-32)