Differenze tra le versioni di "San Paolo"

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San Paolo è uno dei colli che si alzano nella parte settentrionale dell'abitato di Ceneda. Esso presenta una cresta con tre cocuzzoli: quello orientale ospita l'omonima chiesa, quello centrale  un'ex zona militare e quello occidentale le fondazioni di una torre. Il colle, inoltre, insieme con i castelli più bassi del San Rocco, dei Palasi e forse del San Martino costituiva una delle difese del sistema fortificato collinare. <ref> prova nota </ref>
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San Paolo è uno dei colli che si alzano nella parte settentrionale dell'abitato di Ceneda. Esso presenta una cresta con tre cocuzzoli: quello orientale ospita l'omonima chiesa, quello centrale  un'ex zona militare e quello occidentale le fondazioni di una torre. Il colle, inoltre, insieme con i castelli più bassi del San Rocco, dei Palasi e forse del San Martino costituiva una delle difese del sistema fortificato collinare.  
 
=Cocuzzolo est=
 
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Fino al 1418, sul colle si trovava il castello di Sant'Elia, il quale si estendeva sui tre cocuzzoli e fu distrutto dagli Ungari di Pippo Spano. All'inizio del XVI secolo, sulle rovine del castello sul cocuzzolo orientale, il vescovo Marino Grimani realizzò un nuovo edificio sacro, andato perduto. Nel XVIII secolo il vescovo De Luca commissionò una nuova chiesa al frate Francesco Maria da Venezia. Questa struttura, giunta fino ai giorni nostri, fu restaurata nel 1939 in seguito ai danni causati dalla Prima Guerra Mondiale e dal terremoto del 1936. Ai lati si trovano due cappelle minori: a destra "La Beata Vergine della Salute con San Girolamo e San Rocco", mentre a sinistra una croce con i simboli della passione ed una scultura in creta. Da allora i fedeli raggiungono la chiesa dopo aver compiuto la Via Crucis, percorrendo la piazza del Duomo e passando accanto al castello vescovile di San Martino.
 
Fino al 1418, sul colle si trovava il castello di Sant'Elia, il quale si estendeva sui tre cocuzzoli e fu distrutto dagli Ungari di Pippo Spano. All'inizio del XVI secolo, sulle rovine del castello sul cocuzzolo orientale, il vescovo Marino Grimani realizzò un nuovo edificio sacro, andato perduto. Nel XVIII secolo il vescovo De Luca commissionò una nuova chiesa al frate Francesco Maria da Venezia. Questa struttura, giunta fino ai giorni nostri, fu restaurata nel 1939 in seguito ai danni causati dalla Prima Guerra Mondiale e dal terremoto del 1936. Ai lati si trovano due cappelle minori: a destra "La Beata Vergine della Salute con San Girolamo e San Rocco", mentre a sinistra una croce con i simboli della passione ed una scultura in creta. Da allora i fedeli raggiungono la chiesa dopo aver compiuto la Via Crucis, percorrendo la piazza del Duomo e passando accanto al castello vescovile di San Martino.
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Il cocuzzolo centrale costituisce l'area di maggior interesse militare, essendo sede delle forze difensive della fortificazione. Esso infatti venne occupato già in età preromana, divenendo un ''oppidum'' ai tempi dell'Urbe e col passare dei secoli si trasformò definitivamente in una roccaforte medievale.
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Il cocuzzolo centrale costituisce l'area di maggior interesse militare, essendo sede delle forze difensive della fortificazione. Esso infatti venne occupato già in età preromana, divenendo un [https://it.wikipedia.org/wiki/Oppidum oppidum] ai tempi dell'Urbe, e col passare dei secoli si trasformò definitivamente in una roccaforte medievale.
  
Il sito presenta nell'area centrale una casa-forte (ossia una residenza nobiliare all'interno di una torre) a scopo di difesa e controllo dell'abitato di Ceneda, vista la posizione sopraelevata e quindi strategica. La struttura era in origine circondata da due cinte murarie; la più interna, di cui si vedono solo pochi resti, rappresentava l'ultimo baluardo difensivo, mentre la più periferica, costituisce un anello lungo tutto il perimetro sommitale del colle. Ancora oggi si possono vedere dei resti del fortilizio; salendo sul colle dalla via crucis, sulla sinistra si ergono le mura merlate della cinta esterna. Proseguendo per il sentiero, sempre sulla sinistra svettano le fondamenta della struttura difensiva centrale e si intravedono alla base del cocuzzolo i resti della cinta muraria più interna. All'inizio della salita verso la chiesa, a Nord, è visibile una porzione di muro che funge anche come sostegno del terreno franoso, tipico della zona.
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Il sito presenta nell'area centrale una [https://it.wikipedia.org/wiki/Casaforte casaforte] a scopo di difesa e controllo dell'abitato di Ceneda, vista la posizione sopraelevata e quindi strategica. La struttura era in origine circondata da due cinte murarie: la più interna, di cui si vedono solo pochi resti, rappresenta l'ultimo baluardo difensivo, mentre la più periferica, costituisce un anello lungo tutto il perimetro sommitale del colle. Ancora oggi sono visibili i resti del fortilizio; salendo sul colle dalla via crucis, sulla sinistra si ergono le mura merlate della cinta esterna. Proseguendo per il sentiero, sempre sulla sinistra, svettano le fondamenta della struttura difensiva centrale e si intravedono alla base del cocuzzolo i resti della cinta muraria più interna. All'inizio della salita verso la chiesa, a Nord, è visibile una porzione di muro che funge anche come sostegno del terreno franoso, tipico della zona.
  
Al di sotto delle mura, sono affiorati nel tempo numerosissimi reperti di numismatica, oggettistica varia e sepoltura. Nell'ambito della numismatica si evidenziano dei ritrovamenti a partire dal I secolo d.C. fino all'epoca veneziana. Per quel che riguarda l'oggettistica invece, punte di freccia di vario genere: alcune a punta piramidale quadrangolare allungata con innesto a spina (databili al IV-V secolo d.C.), altre di tipo avarico a tre alette. Tra gli oggetti rinvenuti, fibbie di ferro o rame di vario genere rappresentano delle testimonianze longobarde di vita quotidiana
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Al di sotto delle mura, sono affiorati nel tempo numerosissimi reperti di cultura materiale. Nell'ambito della numismatica si evidenziano ritrovamenti di monete risalenti ad un periodo compreso tra il I secolo d.C. fino all'epoca veneziana ( XIV- XVII secolo). Per quel che riguarda l'oggettistica invece, sono rinvenute punte di freccia di vario genere: alcune a punta piramidale quadrangolare allungata con innesto a spina (databili al IV-V secolo d.C.), altre di tipo avarico a tre alette. Tra gli oggetti rinvenuti, fibbie di ferro o rame di vario genere rappresentano delle testimonianze longobarde di vita quotidiana. Nelle pertinenze del castello, alle pendici del colle, sono state rinvenute nel XX secolo diverse sepolture, probabilmente databili al V-VI secolo d.C.<ref>Giorgio Arnosti, ''Cenita feliciter. l’epopea goto franco-romaico-longobarda tra VI e VIII secolo d.C.'', Vittorio Veneto, 2017, p. 702</ref>
  
 
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Il cocuzzolo occidentale è separato da quello centrale tramite un fossato, probabilmente artificiale, e, al centro, conserva tutt'ora le antiche fondazioni di una torre come attestano le prime fonti risalenti al XII secolo.<ref> fonti: ''Warnerii de Postcastro'' (1170), ''Rocham Cenete'' (1199) </ref>
 
Il cocuzzolo occidentale è separato da quello centrale tramite un fossato, probabilmente artificiale, e, al centro, conserva tutt'ora le antiche fondazioni di una torre come attestano le prime fonti risalenti al XII secolo.<ref> fonti: ''Warnerii de Postcastro'' (1170), ''Rocham Cenete'' (1199) </ref>
  
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Versione attuale delle 21:27, 27 mag 2022

San Paolo è uno dei colli che si alzano nella parte settentrionale dell'abitato di Ceneda. Esso presenta una cresta con tre cocuzzoli: quello orientale ospita l'omonima chiesa, quello centrale un'ex zona militare e quello occidentale le fondazioni di una torre. Il colle, inoltre, insieme con i castelli più bassi del San Rocco, dei Palasi e forse del San Martino costituiva una delle difese del sistema fortificato collinare.

Cocuzzolo est

Fino al 1418, sul colle si trovava il castello di Sant'Elia, il quale si estendeva sui tre cocuzzoli e fu distrutto dagli Ungari di Pippo Spano. All'inizio del XVI secolo, sulle rovine del castello sul cocuzzolo orientale, il vescovo Marino Grimani realizzò un nuovo edificio sacro, andato perduto. Nel XVIII secolo il vescovo De Luca commissionò una nuova chiesa al frate Francesco Maria da Venezia. Questa struttura, giunta fino ai giorni nostri, fu restaurata nel 1939 in seguito ai danni causati dalla Prima Guerra Mondiale e dal terremoto del 1936. Ai lati si trovano due cappelle minori: a destra "La Beata Vergine della Salute con San Girolamo e San Rocco", mentre a sinistra una croce con i simboli della passione ed una scultura in creta. Da allora i fedeli raggiungono la chiesa dopo aver compiuto la Via Crucis, percorrendo la piazza del Duomo e passando accanto al castello vescovile di San Martino.

Tutt'ora accanto alla chiesa si trova un'ulteriore costruzione del XVIII secolo, adibita a residenza privata prima del custode ed in seguito degli eremiti, che si rifugiarono in questo luogo ameno alla ricerca di un isolamento dal mondo. Negli anni Quaranta del XX secolo la casa venne ricostruita in forma di castelletto medievale, caratterizzato esternamente da torri, merli e caditoie, mentre internamente da affreschi raffiguranti due frati.

Cocuzzolo centrale

Al centro i resti della casa-forte, in basso a sinistra una porzione della cinta muraria interna.
Porzione della cinta più esterna, che unisce il cocuzzolo centrale con quello ovest
Porzione della cinta esterna sul lato nord del colle

Il cocuzzolo centrale costituisce l'area di maggior interesse militare, essendo sede delle forze difensive della fortificazione. Esso infatti venne occupato già in età preromana, divenendo un oppidum ai tempi dell'Urbe, e col passare dei secoli si trasformò definitivamente in una roccaforte medievale.

Il sito presenta nell'area centrale una casaforte a scopo di difesa e controllo dell'abitato di Ceneda, vista la posizione sopraelevata e quindi strategica. La struttura era in origine circondata da due cinte murarie: la più interna, di cui si vedono solo pochi resti, rappresenta l'ultimo baluardo difensivo, mentre la più periferica, costituisce un anello lungo tutto il perimetro sommitale del colle. Ancora oggi sono visibili i resti del fortilizio; salendo sul colle dalla via crucis, sulla sinistra si ergono le mura merlate della cinta esterna. Proseguendo per il sentiero, sempre sulla sinistra, svettano le fondamenta della struttura difensiva centrale e si intravedono alla base del cocuzzolo i resti della cinta muraria più interna. All'inizio della salita verso la chiesa, a Nord, è visibile una porzione di muro che funge anche come sostegno del terreno franoso, tipico della zona.

Al di sotto delle mura, sono affiorati nel tempo numerosissimi reperti di cultura materiale. Nell'ambito della numismatica si evidenziano ritrovamenti di monete risalenti ad un periodo compreso tra il I secolo d.C. fino all'epoca veneziana ( XIV- XVII secolo). Per quel che riguarda l'oggettistica invece, sono rinvenute punte di freccia di vario genere: alcune a punta piramidale quadrangolare allungata con innesto a spina (databili al IV-V secolo d.C.), altre di tipo avarico a tre alette. Tra gli oggetti rinvenuti, fibbie di ferro o rame di vario genere rappresentano delle testimonianze longobarde di vita quotidiana. Nelle pertinenze del castello, alle pendici del colle, sono state rinvenute nel XX secolo diverse sepolture, probabilmente databili al V-VI secolo d.C.[1]

Cocuzzolo ovest

Il cocuzzolo occidentale è separato da quello centrale tramite un fossato, probabilmente artificiale, e, al centro, conserva tutt'ora le antiche fondazioni di una torre come attestano le prime fonti risalenti al XII secolo.[2]

Note

  1. Giorgio Arnosti, Cenita feliciter. l’epopea goto franco-romaico-longobarda tra VI e VIII secolo d.C., Vittorio Veneto, 2017, p. 702
  2. fonti: Warnerii de Postcastro (1170), Rocham Cenete (1199)

Bibliografia

  • Giorgio Arnosti , L’evoluzione delle logiche insediative e dell’organizzazione del territorio dall’epoca Romana al primo altomedioevo in "Il sistema difensivo di Ceneda: problemi di conoscenza, recupero e valorizzazione. Atti del II Convegno (Vittorio Veneto, 4 maggio 1991)", Vittorio Veneto, 1993, pag. 46
  • Giorgio Arnosti, Cenita feliciter. l’epopea goto franco-romaico-longobarda tra VI e VIII secolo d.C., Vittorio Veneto, 2017, pp. 701-705
  • Sergio De Nardi- Giovanni Tomasi, L’agro centuriato cenedese, Studi e ricerche, Vittorio Veneto, 2010, pp. 84-85
  • Alessandro D'Assiè, Ceneda e Serravalle nelle antiche stampe, Vittorio Veneto, 2006, pp. 96-97
  • Michele Zanchetta, Atlante dei castelli tra Piave e Livenza, Vittorio Veneto, 2021, pp. 296-299